lunedì 27 febbraio 2012

Viaggio al centro del mondo

Si presentano con una copertina minimale, in netta contrapposizione al contenuto musicale di questo vinile dal sapore mefitico, i Pursuit Eva Henger, nome tanto evocativo quanto simbolo di una cultura underground, figlia del folk-hawaiano post governo Gojek. Acquistai quest'opera nel 1999, mentre accompagnavo Hidden Clit e MC Guadagno (hip-hop bolscevo-pugliese, ma ne parleremo), in una macelleria del quartiere 7 di Flatlandia. Oltre alla sensazionale copertina (sfondo nero su un profilo di sfondo nero), è il titolo dell'opera omnia del gruppo a richiamare subito l'attenzione, "In Laude, Vagito Raudo Bible". Si tratta di un folk lisergico, con impennate verso circuiti madrededios-metal (approfondimento a breve), l'uso dei silenzi come manifestazione di un disagio profondo verso il presidente Gojek, storico gerarca hawaiano, che impedì alla popolazione di bere acqua ai pasti. La formazione, con Jesus "Puke-nose" Ramirez alla voce, testi e synth, Miracle "CutItAll" Lamas al basso e Gerry "YesOrMaybe" Funfur, è celebre per gli scontri a fuoco ai concerti, per le argute sessioni di monopoli (al David Letterman), per la partecipazione a movimenti attivisti quali "Salva la tua donna: la permanente è importante", "La religione: Fatima possedeva intimo maschile?" etc. Ma, tralasciamo per un secondo il gossip, ed entriamo nel dettaglio. Parte il disco e si viene letteralmente avvolti da uno sbadiglio che infiamma la coclea, si innesta nel cervello e vi terrà inchiodati al pavimento per tutta la durata (due minuti e 66). Capolavoro imprendiscibile, per gli amanti di Arian Kuntzupfler, James Hitlessolini e Sigmund Kafka.

Lamento di Ariano


Delle origini di Arian Kuntzüpfler si conosce molto poco. Innanzitutto, probabilmente questo non è il suo vero nome. E' nato da qualche parte (BO) nella Russia Bianca, o Bielorussia, come alcuni giovani si apprestano ora a chiamarla, sul finire degli anni '60, in pieno regime comunista, piena guerra fredda, fra tutti i casini del mondo. Fra tutti i casini del mondo, a quanto pare, lui finì proprio dove non succedeva niente. Secondo dei racconti poco attendibili di ubriaconi slavi, questo nulla desolante (e, a detta di uno, una voglia estrema di fanta™, che, ricordiamo, nell'URSS non poteva essere commercializzata) lo spinse alla fuga, a 16 anni, verso il grande ovest, seguito da un cane e inseguito dalla madre, e viceversa; fino al grande punto nodale, il luogo in cui la fuga dal comunismo imperante era probabilmente più difficoltosa: Berlino. Lì gli anni passarono veloci e il nostro si ritrovò, il 9 novembre 1989, a ballare (sbronzo, nudo) sul muro in disfacimento. Le prime testimonianze parlano di un Kuntzüpfler illuminato che, superato il trauma del totalitarismo, ripudia con rabbia tutti i regimi e gli eccessi, "cancro della società civile, antitesi della libertà umana".
Di pochi mesi dopo è l'adesione a un partito neonazista brutto tedesco, e la quasi contemporanea formazione del suo primo e unico gruppo, gli Arian die Klage, di cui scriverà testi e musiche dell'LP omonimo per cui ora è considerato uomo di punta nel nazi punk. Per qualche oscuro motivo il disco, intriso di sano nazionalsocialismo teutonico, non fu accolto positivamente dalla critica uscente dalla guerra fredda e così iniziò la lunghissima gavetta della band. Innumerevoli esibizioni sfociarono in risse e pestaggi, dichiarazioni di guerra alla polonia e ubriacature moleste. Kuntzüpfler, alla voce e alla chitarra (che non cambiò mai, per i 6 anni di attività; non voleva neanche cambiare le corde, in realtà, ma pare che l'accorata preghiera del batterista - del quale, curiosamente, non conosciamo il nome - gli abbia fatto cambiare idea), è ricordato, a parte per il peculiare taglio dei suoi baffi, per i modi despotici con i suoi musicisti; gli Arian die Klage vantano infatti il maggior numero di turnisti e accattoni della storia della musica. Degna di nota fu la defenestrazione del primo, storico bassista, Humptmann: pare che, finito alla perfezione un pezzo dei più complessi (3, 4 accordi, una parte melodica di 12 note, con 2 biscrome), il marrano delle quattro corde abbia pronunziato la parola francese "voilà"; la mollezza albergava in lui come un terribile morbo e fu allontanato senza troppe cerimonie dalla germanica gloria degli Arian. Dopo il lungo, infinito quanto estenuante quanto infruttuoso tour e una sfortunata disavventura nella foresta nera (di cui nei paesi della NATO, per legge, non possiamo parlare) Kuntzüpfler ebbe il suo primo collasso psichico alla sola vista del Mare del Nord.
Alcuni dicono che la crisi del gruppo sia iniziata qui, altri affermano puntigliosi che una crisi, per iniziare, debba riguardare una realtà in qualche modo avviata: come dar torto ad entrambi?
Credo fosse questa la stessa cosa che Kuntzüpfler pensò quando, in quel curioso raduno di persone col suo stesso peculiare taglio di baffi, invitato a eseguire la sua opera summa dall'inizio alla fine (a rigor di cronaca, va detto che in realtà l'ultimo pezzo fu la melodia di "Buon Compleanno" suonata per il figlio del barista dell'evento) (con ovviamente dei membri del gruppo totalmente nuovi), si attorcigliò per tutto il corpo il cavo jack della sua chitarra usuratissima, durante l'esibizione. Dopo i cinque secondi di un urlo mai sentito, limpido e perfetto, si rovesciò addosso una caraffa piena d'acqua. L'impianto elettrico esplose, e, nel panico generale per ripristinare la corrente servirono un paio di eterni minuti. Sul palco, tra il silenzio dell'assoluto, si ergeva Kuntzüpfler, in piedi, fumante, biondissimo, muto.